Rugantino
La caratteristica principale di Rugantino è sicuramente l'arroganza. Il suo nome, infatti, deriva proprio dal termine "ruganza" ovvero arroganza.
Il 13 settembre 1848 Odoardo Zuccari lo presenta sul primo numero della rivista satirica Rugantino «Cor cappello a du' pizzi, cor grugno lungo du' parmi, co' 'na scucchia rivortata 'nsù a uso de cucchiaro, co' no' spadone che nun ce la po' quello der sor Radeschio, e co' le cianche come l'Arco de Pantano, se presenta, Signori mia, Rugantino er duro, nato 'nsto piccolo castelluccio e cresciuto a forza de sventole, perché ha avuto 'gni sempre er vizio de rugà e d'arilevacce». Il primo Rugantino appariva vestito da sbirro; alcune volte veniva rappresentato come capo degli sbirri, altre volte come brigante.
Nel corso degli anni queste caratteristiche andarono perdendosi per identificare la maschera sempre di più con il giovane fanfarone di quartiere un po' delinquente, pronto con la lingua e sbruffone ma soccombente al momento di menar le mani.
La maschera tipica lo vede vestito da popolano con un abbigliamento povero: brache al ginocchio un po' consunte, fascia intorno alla vita, camicia con casacca e fazzoletto al collo.
La commedia di Garinei e Giovannini interpretata da Aldo Fabrizi (Mastro Titta) ed Enrico Montesano (Rugantino) ci fornisce una delle migliori interpretazioni di questo personaggio.
Rugantino si presenta immediatamente come uno sbruffone. Un giorno vede Rosetta, che con il ricatto è stata costretta a sposare l'assassino del primo marito (Rugantino questo non lo sa), e scommette con gli amici che riuscirà a possederla entro la festa di primavera.
Tra le diverse vicende che lo vedono protagonista, lo spettatore conosce poi il boia Mastro Titta la cui moglie è scappata da anni. Mastro Titta ha conosciuto una brava donna che però non può sposare visto il suo legame con la prima moglie. In realtà alla millesima decapitazione il Papa gli darà la tanto desiderata dispensa per un nuovo legame.
Rugantino conosce Mastro Titta che esegue le pene alle quali il protagonista è condannato con una certa continuità ma i due probabilmente si rispettano e, non voglio azzardare, l'anziano boia vede Rugantino quasi come una sorta di figlio.
Rugantino riesce a possedere Rosetta mentre il marito di questa, inseguito dalla legge, è costretto alla fuga da Roma ma non tiene la bocca chiusa, si vanta con gli amici anche se in realtà non vorrebbe perchè sente di amarla; Rusetta lo viene a sapere ed arrabbiata non gli rivolge più la parola.
Una notte il marito di Rosetta torna ma nell'oscurità viene aggredito ed ucciso per vendetta da un misterioso sicario di cui non si conoscerà mai l'identità. Rugantino assiste al fatto in quanto sono intere notti che staziona sotto la finestra dell'amata per farsi perdonare ma quando si avvicina al corpo del rivale oramai a terra privo di vita viene visto ed arrestato.
La reazione di Rosetta e della popolazione però lo fa sentire un eroe. La sua donna lo perdona perchè pensa che l'abbia fatto per difenderla mentre tutti stupiscono del coraggio che Rugantino ha dimostrato nell'uccidere quel criminale.
Rugantino diviene conscio della scarsa considerazione che tutti hanno sempre avuto di lui: lo consideravano un fanfarone arrogante con la lingua lunga ma in definitiva un bamboccio incapace e senza morale.
Il nostro eroe coglie un'occasione di riscatto e decide di assumersi la responsabilità dell'omicidio. Sarà proprio l'amico Mastro Titta a doverlo giustiziare. Guarda caso questa è la sua millesima decapitazione ed il Papa gli darà la tanto sospirata dispensa proprio con la morte di Rugantino (beffa della sorte!Var:!).
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